A SPASSO PER ROMA
- Milo
- 7 ott 2018
- Tempo di lettura: 4 min
Aggiornamento: 15 nov 2018
UNA PASSEGGIATA (FORSE) NEL CUORE BAGNATO DI ROMA

Potresti ritrovarti, per caso un giorno, a camminare nei vecchi posti della Roma vera.
A muovere migliaia di passi su migliaia di pietre che portano lo stesso nome del santo che ha le chiavi del cielo.
Ad essere sorpreso da un temporale di fine estate anche se il calendario segna autunno.
Potresti ritrovarti ad affondare il piede in una pozzanghera pulita, vedere il tuo riflesso nell’acqua depositata sulla strada, ritrovare a terra lo stesso cielo che è in cielo. Smarrire il senso di tutto in una bolla di sapone per turisti. Bussare alle porte di due chiese gemelle ma sentir rispondere due madonne differenti.
Odori numerosi, un esercito di occhi, l’azzurro dello smalto al piede pallido della bella passante.
Profumi sconosciuti, cagnolini che rispondono ad ordini pronunciati in altre lingue, la pioggia che ha deciso di avere altro lavoro da svolgere prima di ripartire.

Potresti allora riparare sotto il colonnato di un antico tempio che per nome ha il nome di tutti gli dei.
Potresti entrare e scoprire che anche il tetto degli dei può avere buchi e che piove anche in casa loro.
Potresti incontrare per caso il tuo pittore preferito, sepolto sul lato sinistro. Ossa et cineres, racconta l’iscrizione: quando l’epitaffio cede al richiamo irresistibile della poesia – come se le ossa non diventassero cenere…
Potresti incontrare un elefantino accigliato che da secoli sorregge sulla schiena un obelisco tra gli antichi tredici. “Chiunque qui vede i segni della sapienza d’Egitto scolpiti sull’obelisco, sorretto dall’elefante, la più forte delle bestie, intenda questo come prova che è necessaria una mente robusta per sostenere una solida sapienza.” Ci sono aree geografiche del mondo a cui tutti i segreti e le letterature sembrano misteriosamente rimandare.
Lo sguardo dei bimbi imprigionato nel volo aggressivo dei piccioni urbani. Immondizia, resti di passaggi, figli di uomini che piangono a ogni angolo e mendicano a ogni scala di sagrato.
Potresti scorgere la mano che da sempre impedisce alla chiesa di crollare, il fiume incappucciato, tutte le cupole e le croci che sempre saranno inscritte nel tuo sguardo ma che mai saprai restituire al mondo con le parole che conosci e che ti sono state date.

Potresti innamorarti di una straniera in tacco alto, sposarla nei tuoi sogni, rubare un cavallo solo perché lei sorrida. Poi fare con lei un milione di figli e portarli a vedere Roma.
Potresti inciampare nel piede destro e snello della Madonna dei Pellegrini e ritrovarti in estasi di fronte agli affreschi del pittore omicida.
Potresti, perché no, visto che oggi lo hai incontrato di persona, chiedergli perché tutto quel nero al di là delle figure dei suoi dipinti. Sentirlo poi rispondere: non è colpa mia, signore, se io al di là non vedo nulla. E allora coprirgli un po’ le spalle con la tua giacca, per quanto leggera e umida di pioggia, congedarti infine dal suo spettro.
Potresti così ritrovarti di nuovo libero, distante, aver bisogno di un taccuino prima che tutta questa bellezza sfugga, prevedere in vita sveglia il prossimo sogno che farai. E ci sarà del colore.
Potresti imbatterti nelle immagini in bianco e nero appese ai muri di fotografi di guerra cechi, o israeliani, e poi negli acquerelli in serie di una dolce Roma di fine Ottocento, fontane e sole a spicchi in un racconto di pietra e marmo in cui ancora non era stato scolpito il capitolo sul secolo delle guerre e dello smarrimento.
Potresti allora riflettere, meditare, e decidere di rinunciare. Scordare il tuo nome nei vicoli in favore di una più ampia compassione. Bere acqua fresca da una fontanella, fingere di star girando un film, riconoscere il tuo silenzio tra le voci di tutti per poi scoprire che ad ogni angolo che volti se ne aggiunge una, e man mano che se ne aggiungono altre si riesce a capire sempre meno ciò che dicono le prime.
Potresti incontrare tre statue parlanti, tre uomini esistiti e mai esistiti allo stesso tempo e allo stesso modo, un poeta dialettale sdraiato, un antico eroe greco adibito a voce del popolo romano, e infine uno dei tanti a cui vennero restituiti onore, rispetto e perdono solo dopo averlo assassinato.

E’ allora che decidi di tornare. Non per dimenticare, però, ma per ricordare. E’ questo che gli scrittori fanno, è questo che gli scrittori a volte dimenticano, è questo che tutti gli uomini farebbero se solo non dimenticassero.
Potresti tornare passando dalla lunga scala inondata di sole d’ottobre, smarrirti tra la folla, scrivere due o tre minuti di appunti ai piedi di una trinità che appartiene ai monti, dicono, come se fosse diversa da quella delle valli, forse il padre è un cacciatore, il figlio ama passeggiare tra i boschi e lo spirito non ha volto ma indossa una veste di neve.
C’è un uomo oltre l’angolo.
O una donna.
O un vecchio.
O un bambino.
O un cane che scodinzola.
E’ a loro che appartiene il tuo prossimo incontro di cui ancora non sai nulla.
Prepara la tua penna, la tua mano, il tuo sorriso, per quell’ombra calda e bella, coltiva il tuo personale orto di parole nel giardino dei silenzi.
Potresti dover affrettare il passo, per rincorrere ogni sfera di luce, ogni canto di gioventù, ogni insetto di verità.
Potresti dover correre, addirittura, per non restare prigioniero del tempo prodigioso e immobile dell’eterna città illuminata ad Arte.
LA PASSEGGIATA
Piazza del Popolo – Pantheon con sepolcro di Raffaello Sanzio – Piazza della Minerva con Elefante berniniano e Obelisco – Piazza Navona con Chiesa di Sant’Agnese in Agone – Basilica di Sant’Agostino in Campo Marzio con affresco di Caravaggio – Chiesa di San Luigi dei Francesi con affreschi di Caravaggio – Museo di Roma in Trastevere con mostre dedicate a Josef Sudek, David Rubinger e Ettore Roesler Franz – Piazza Trilussa con statua del poeta – Piazza di Pasquino con statua di Pasquino – Piazza di Campo De’ Fiori con statua di Giordano Bruno – Piazza di Spagna con Scalinata di Trinità de’ Monti
© Maurilio Di Stefano, 2018
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