E IO CI STO (3): LA CENERE DI MILO
- Milo
- 29 gen 2017
- Tempo di lettura: 3 min
Aggiornamento: 15 nov 2018
Tra settembre e dicembre 2016 completo il tour per cui avevo firmato il contratto con la band americana – circa cinquanta date in Europa, come da programma, perché di qua dell’Atlantico non ho bisogno di nessun visto. Poi torno a casa. Mi congedo anche da loro, che giustamente tornano alle loro cose negli USA.
E adesso?
E adesso non lo so.
La musica c’è sempre, è parte della mia vita, ma credo che ora scriverò. Tanto. Tutti i giorni. Molto più di prima. Sì, insomma, come uno scrittore vero. Dopo quello che mi è successo al confine tra Manitoba e North Dakota, sono sicuro che vedrò le cose in modo molto diverso.
Anzi, voglio aprire un blog, e cominciare a raccontare proprio da quello che mi è accaduto quel giorno, quando quella vita è finita e quest’altra è cominciata.
Un blog che si chiama ‘La Cenere di Milo’, perché ho intenzione di metterci dentro tutto me stesso, tutte le mie idee, tutti i miei sentimenti, senza pensare agli argomenti più trend, alle regole dell’indicizzazione su Internet, al marketing e ai soldi. Insomma, le ceneri di tutto ciò che è rimasto di me dopo quel giorno, che secondo la mia modesta opinione è ancora abbastanza.
Ho intenzione di infilarci dentro tutto quello che mi passa per la testa, basta che sia cultura, basta che sia arte, basta che sia bellezza, basta che sia emozione.
Basta che sia vita.
Lo farò diventare il blog di un emigrato tornato in patria che comincia a godersi il suo paese, questa zoppa malconcia e bistrattata Italia, che è tuttavia ancora stracolma di cose belle, musei strapieni di visitatori incantati e giovani artisti di talento che si fanno il culo – scusate il tecnicismo – per emergere. Dati statistici su cui a certa gente fa comodo sorvolare. Braci da mettere a tacere con la cenere, appunto.
E lo riempirò di tutte le parole che scrivo sui miei taccuini, quando mi stupisco di una fontana, mi innamoro di un libro o il cielo di mezzogiorno mi appare stranamente oscuro e alieno. Me ne fregherò delle conseguenze, dei canoni stilistici per la ‘pubblicabilità’ moderna, dello stile asciutto e della paratassi con frasi brevi. Ci vogliono far credere che persino l’editoria e la scrittura si sono semplificate – o vanno semplificate – e che uno scrittore sconosciuto per farsi pubblicare deve attenersi a certe regole di ‘basso profilo’: ma non è vero neanche questo perché i libri preferiti di tutti continuano ad essere quelli di Nietzsche e Dostoevskij e Tolstoj e Proust e Marquez.
E allora almeno qui sarà me stesso. Riempirò il mio blog di migliaia di parole. Conierò persino un neologismo ad hoc, sempre che non esista già: blogorroico. Voglio sentirmi libero, qui dentro, come non posso esserlo di fuori, allo stesso modo di come mi sento di nuovo libero in Italia e a quanto pare non lo ero negli Stati Uniti d’America pur essendo provvisto di un regolare visto lavorativo da loro stessi rilasciato.
Allora, se mi avessero detto che appena un anno dopo essere partito per emigrare per sempre mi sarei ritrovato ad ascoltare Rino Gaetano su Via di Portonaccio sarei scoppiato a ridere, è vero; eppure eccomi qua, con questa gradevolissima canzone nelle orecchie: E io ci sto…
Potrebbe mai esserci qualcosa di più adatto di queste parole?
Scriveva Cesare Pavese: “Un paese ci vuole, non fosse che per il gusto di andarsene via. Un paese vuol dire non essere soli, sapere che nella gente, nelle piante, nella terra c'è qualcosa di tuo, che anche quando non ci sei resta ad aspettarti.”
Lo scriveva, Pavese, ne La luna e i falò, che, pensa tu, quando ci provai non sono neppure riuscito a finire di leggere perché mi annoiava. Be’, ora che ci penso, magari uno di questi giorni lo riprenderò in mano e gli darò un’altra chance. Chissà che stavolta non vada in tutt’altro modo…
Insistono a parlare delle ceneri perché vogliono farci dimenticare il fuoco.
Maurilio 'Milo' Di Stefano
© Maurilio Di Stefano, 2017

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