TEMPO, AMORE, CREAZIONE
- Milo
- 26 apr 2018
- Tempo di lettura: 3 min
Qualche giorno fa ascoltavo su YouTube un'intervista di Woody Allen. Gli chiedevano di dio, del senso della vita, cose del genere. La risposta che dava, che viene fuori chiaramente anche dalla maggior parte dei suoi film, è che nulla valga davvero la pena. Che il sole esploderà, che l'universo finirà, e tutto svanirà nel nulla dei nulla, inclusi i suoi film che, una volta morto lui, per quanto lo riguarda i superstiti possono tranquillamente bruciare, buttare nella spazzatura e dimenticare per sempre.
Sul fatto che il sole esploderà posso anche dirmi d'accordo. O per lo meno questo è quello che la scienza racconta. Solo che io sono una persona per cui una consapevolezza simile, addirittura in assenza di fede religiosa, non deve per forza condurre alla depressione o all’angoscia. Per me anche il fatto che ogni cosa potrebbe virtualmente non avere senso non basta a renderla un peso, né uno spreco di energia se è per questo. Chiusa parentesi.
Poi però, Woody diceva di identificare come compito dell'artista lo sforzo di dare un senso, o roba simile, a questa vita. Questo forse lo condivido un po’ meno. Perché se hai l’idea che tutto sia privo di senso, puoi raccontarti che l’arte sia trovarne uno, ma sai benissimo che invece tutto quello che stai facendo con l’arte è cercare di distrarti dalla grande ansia. Vuoi lavorare e adoperare il cervello, tenerti impegnato il più possibile solo per pensare il meno possibile alla fine e all’idea che hai al riguardo.
Il compito dell'artista, secondo me, che poi non è neppure un compito ma solo un esistere ed essere vivo, è creare. Punto. Creare e basta. Creare quello che non era lì prima, non per forza un dipinto una sinfonia o un figlio, basta anche soltanto un semplice sorriso o un gesto distratto con il dito nell'aria.
Creare non per uno scopo, ma creare come stato. Come dato di fatto. Come tessuto genetico. Come un'essenza e non un'azione.
Ecco come diventi divino, e senza alcuna intenzione di onnipotenza, semmai, tutto il contrario, di dispersione nel tutto e abbattimento dell’ego. Ecco come riaccompagni te stesso al contatto e all’amalgama con l'universo intero.
Io per lo più scrivo, e con questo non voglio certo arrivare a definirmi artista. Ma gli scrittori hanno almeno il potere, se non il diritto, di giocare con le parole.
E allora io adesso voglio suggerire un gioco con le parole.
Prendi quell'atto del creare, l'unica cosa che davvero mai ti possa rendere eterno, e dagli il nome di amore. Oppure di tempo. Magari anche di dio, con la minuscola che non è una mancanza di rispetto ma un tentativo di abbracciarli tutti.
È un gioco, per carità, ma non svelerebbe ogni grande enigma?
E se tempo, creazione, amore – e dio – fossero tutti sinonimi…
- Tutti sinonimi?
Tutti sinonimi.
- Ma questo indebolirebbe tutte e quattro le parole…
Perché, come le usiamo noi oggi invece hanno forza?
- E questa cosa te la inventi tu?
La lingua la fanno le persone, e dovrebbe essere uno strumento invece che una dittatura.
Ecco.
Allora, dico, il tempo non perderebbe finalmente tutta quell’importanza che gli diamo? Allora il dolore non diventerebbe splendidamente e quasi teneramente inutile? Allora non sarebbe tutto molto più chiaro?
Io le risposte non le ho, ma adoro le domande. E giocare con le parole, appunto.
È stato uno scrittore – Stephen King, il faro letterario della mia adolescenza – e non io a dire che le idee dei suoi libri derivavano sempre da frasi che iniziavano per: E se…
E se nelle fogne di una cittadina del Maine vivesse una creatura che condensa le paure di tutti i bambini, tra cui un pagliaccio assassino?
E se una lettrice disturbata rapisse e tenesse in ostaggio il suo scrittore preferito per obbligarlo a scrivere una nuova avventura della sua adorata eroina Misery?
E se negli anni ’30 un afroamericano grande e grosso avesse il potere di guarire le persone ma venisse ingiustamente accusato dell’omicidio di due bambine e condannato a morte?
E se.
Precisamente.
E se tempo, creazione, amore – e dio – fossero tutti sinonimi?
È un esercizio di scrittura, un tema per casa, una versione da una lingua a un’altra. Provare non costa mica nulla.
© Maurilio Di Stefano, 2018
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