UN GIRO IN SICILIA: GIORNO 10
- Milo
- 7 ago 2017
- Tempo di lettura: 2 min
Giorno 10
GLI ORECCHI DEGLI DEI E GLI OCCHI DEI SANTI
Adesso so che passare da Siracusa e non mettere piede nelle Catacombe di San Giovanni sarebbe davvero una gran perdita.
E so anche che bella sensazione dà passeggiare all’interno del Parco Archeologico della città e mettere piede nell’orecchio di Dionisio, giù nel cuore buio gelido armonico della roccia, dove i suoni si amplificano e riverberano come potessero davvero arrivare alle orecchie degli dei.
A proposito: se questo è l’orecchio e misura 23 metri di altezza e 65 di profondità, facendo un paio di calcoli e proporzioni quanto viene alto tutto Dionisio? E, seconda cosa ma non per importanza: quanto è evocativo il nome dell’antica cava di pietra in cui l’Orecchio si trova… Latomia del Paradiso. Proprio sotto il Teatro Greco di Siracusa.
Tutti cantano, qui dentro. Turisti, bambini, giurerei persino un cagnolino. Io credo che se esiste un posto che fa cantare tutti, allora tutti dovrebbero visitarlo. Stessa cosa dicasi per il vino, allora, considerando un certo dio greco che certi altri amici chiamavano Bacco e a cui il nome della grotta mi fa inevitabilmente pensare anche se non è a lui che è dedicata.
La città intera, com’è inevitabile credo, risuona anche del nome della sua santa patrona: Lucia. Da un lato la cattedrale che ne ospitò le spoglie mortali, dall’altro quella che custodisce il celebre dipinto di Caravaggio che ne ritrae il seppellimento.
Ammetto che è una cosa del tutto personale, ma questo un piccolo nodo in gola me lo crea. Infatti, Santa Lucia è anche la patrona del piccolo paese dell’Abruzzo in cui era nato mio padre. Ora lui, mio padre, non cammina più su questa terra, ma il suo paesino continua a venerare la santa ogni anno con la stessa devozione di sempre. Io non partecipo più per certe ovvie questioni di malinconia, ma il 13 dicembre me ne ricordo puntualmente nel privato del mio cuore.
Ed è proprio in questo modo che mi piace andarmene da Siracusa: col cuore un po’ in subbuglio, la voce di mio padre al centro della testa e un augurio sincero, spontaneo, simbolico, rivolto al pianeta: che gli occhi di tutti quelli che amano leggere, scrivere, ammirare la bellezza e indagare la verità restino sempre sani. E, soprattutto, puro il loro sguardo. Amen.
© Maurilio Di Stefano, 2017
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