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UN GIRO IN SICILIA: GIORNO 6

  • Immagine del redattore: Milo
    Milo
  • 3 ago 2017
  • Tempo di lettura: 2 min

Giorno 6

NIENTE È MAI PERSO PER SEMPRE


Mazara del Vallo.

Procedendo verso Sud i nomi cambiano ulteriormente. E così le planimetrie delle città. Ci si perde nei vicoli. Il sole assorda, spietato, allo zenit. E se prima si avevano dubbi che la Sicilia fosse Italia, ora se ne hanno che questa sia ancora la Sicilia. Sembra più che altro un posto ancora più a Sud, di cui non conosci né gli usi né la lingua.

Il suo fascino è ammaliante. Vorresti che l’ombra ti rapisse e non ti restituisse più, niente riscatto né ritorno.

Le ceramiche variopinte ai muri, le creature metà uomo e metà animale nelle chiese decorate e fresche, angioletti dalle ali d’oro e dai visi innocenti che suonano trombe e flauti per annunciare alla gente che dio non ha nome ma solo un corpo musicale.

Le cripte sotterranee nascondono odore di umido, teschi veri e il suono del battito cardiaco del pianeta.

Ogni cosa quaggiù è un’esperienza che si può fare o fino in fondo o niente affatto.

Promemoria per la vita: tutto, tutto è sempre costruito su qualcos’altro, e il livello di ciò che chiami suolo una volta poteva essere un soffitto, e prima ancora cielo.

Nella sterminata pianura di Selinunte riposano come carcasse di bestie primordiali i ruderi di un’altra civiltà, di un altro tempo, ma lo sfondo acceso del mare è lo stesso da sempre.

Sarcofagi, colonne e capitelli rivelano la presenza di tanti templi quanti erano gli dei dell’Olimpo, e i loro usci erano sempre rivolti a Oriente perché gli uomini e i cicli delle stelle non avevano incora imparato a pensarsi come due cose distinte.

Ma la fortuna del genere umano è proprio che nulla di ciò che si dimentica va davvero mai perso per sempre. C’è sempre tempo e occasione di recuperarlo, se si ha la voglia e a volte, più che altro, il coraggio di dedicarsi a un po’ di archeologia intima.



© Maurilio Di Stefano, 2017

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